Pandemos

Giulia Pasqualin

Pandemos, nell’Antica Grecia la dea dell’amore più carnale e popolare, oggi la parola più temuta e pronunciata. Sotto la sua egida rifiorisce una vita, la mia. L’anno nuovo è segnato dall’avvicinarsi di qualcuno, dopo mesi a proclamare il valore della solitudine. Inizia una relazione fra anime ferite, lontane in pubblico ma vicine nell’intimo, ma la cautela viene distrutta quando il profumo della prima notte d’amore, è rotto dal discorso che ha cambiato un Paese, si annunciano una pandemia e un lockdown. Che fare? Stroncare una conoscenza o unire in segreto due vite? Abbandonate le sicurezze è partita la corsa verso l’ignoto. Lunghi giorni di buio fuori e luce dentro, sconforto e idillio. Un viaggio immobile dentro se stessi e un amore che distrugge i muri, si insinua nelle viscere, invisibile e inestirpabile come il virus che ci tiene in scacco. Fuori la morte e la paura, dentro la vita e la certezza di un legame saldo sbocciato tra le macerie di un mondo destinato a non tornare più.

Bio
Visual designer e fotografa freelance. Si avvicina alla fotografia di reportage nel 2013. Dal 2014 al 2019 sviluppa il progetto il Fil. Una ricerca bosniaca. Uno studio fotografico sull’identità, il passato e il presente della Bosnia Erzegovina. Il progetto vince nel 2015 il Premio Aldo Nascimben. Nel 2019 nasce l’omonimo libro edito da PR2 e nel settembre dello stesso anno ottiene il Premio Speciale SiFest off#10. Viene in seguito pubblicato su Il Fotografo ed esposto al festival Fotoconfronti. Oggi vede nella fotografia, come nelle altre tecniche espressive che utilizza, uno strumento di (auto)analisi e approfondimento antropologico e psicologico per analizzare ciò che non riesce a comprendere.

 

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