Non è un racconto, ma una meditazione, un invito a fermarsi. A guardare quel che non si vede subito: le trame invisibili, sedimenti, rotazione di luce e ombra, tracce di struttura naturale, spazi vuoti e pieni che giocano di contrasto. Ogni immagine è un punto in cui il visibile confina col non detto, dove la luce diventa una soglia e il buio un grembo. Ho cercato uno stile contemplativo, meditativo: più che mostrare, la serie induce a osservare. Non c’è una narrativa convenzionale, ma una serie di momenti sospesi, di frammenti. L’intento è quello di far percepire la tessitura nascosta del mondo naturale: sedimenti, segni d’acqua, granelli di bagnasciuga, piccole caverne – ciò che resta quando il colore, la distrazione estetica si rimuovono — e lasciare la pelle delle cose, l’essenza delle forme, il respiro dell’ombra. Il senso di meditazione e di contemplazione è stato amplificato dall’utilizzo di macchine analogiche e stenopeiche come se il corpo antico della pellicola, non svela, ma permette di sentire.