Spazio, apertura, libertà

Giusi Bonomo

La mia riflessione attorno a spazio, apertura, libertà, trae spunto dall’aver vissuto per alcune ore all’interno di alcune moschee. L’idea che mi sono fatta è quella di una società in cui lo spazio, la libertà e l’esistenza degli individui è compresa in confini ben consapevoli. Allo stesso tempo, si pone un concetto di spazio delimitato ma non immobile nei confronti del contenuto verso il quale si pone come contiguo. L’indagine è condotta sul modo in cui viene vissuto lo spazio e su cosa lo fa esistere (gesti, movenze, oggetti), su quale definizione implicita acquisisce e su come interagisce prima, durante e dopo il passaggio dell’uomo con i suoi segni. Segni che si impongono come rito e caratterizzano anche dal punto di vista architettonico, lo spazio interno ed esterno di questi luoghi di culto; sono segni che rendono presenti le cose assenti e che differiscono il loro legame. Lo spazio riservato alle donne nella moschea è definito geometricamente da una grata: la libertà, l’apertura o la chiusura vengono da dentro, dagli sguardi che si possono solo intercettare e le parole che sottovoce si possono udire, sono funzionali a ridefinire e collocare lo spazio. La grata che separa l’area di preghiera delle donne e al tempo stesso ne rafforza la realtà e l’impressione, proclama che al suo interno vige uno spazio diverso rispetto allo spazio circostante e soggetto a determinate norme. Lo spazio determina i movimenti, la loro apertura e libertà. Li limita, costringono il corpo ad assumere posizioni, a reiterare gesti, genuflessioni, porta alla totale subordinazione, in alcuni casi all’abbandono di sé.  E’ uno spazio che, come liquido primordiale, definisce l’esistenza, l’essere o meno persona, che diventa complice attivo di quanto può accadere o mancare in una vita.

Bio
Giusi Bonomo: sono nata a Modica, città in cui vivo e lavoro.
Dopo gli studi di giurisprudenza e il lavoro in ambito legale, decido di dedicarmi alla fotografia, partecipando a vari corsi, seminari e laboratori concettuali di fotografia e teatro. Nel 2015, come membro di un collettivo di fotografia e arte contemporanea, collaboro alla realizzazione del video “Si bruciano il polpaccio” presentato presso la John Cabot University di Roma. Nel mese di Agosto 2017, partecipo con due lavori, al contest fotografico “1801 Passaggi” un paese italiano 2017, a cura del MAVI Museo Antropologico Visivo Irpino e dell’associazione LaPilart, finalizzato alla creazione di un archivio. Entrambi i miei lavori, vengono acquisiti ed entrano a far parte dell’archivio del museo. Un lavoro fotografico dal titolo “Persona” sull’ Identità nel contemporaneo, sarà esposto nell’ambito del Sifest off 2018, festival di fotografia che avrà luogo a settembre 2018 a Savignano sul Rubicone. Attualmente collaboro alla redazione di articoli su teatro, mostre e altri eventi per il blog Modulazioni temporali.

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