#Fake

Andrea Buzzichelli

Nel 2013 Andrea Buzzichelli si trova quasi per caso davanti ai meravigliosi diorami del Museo di Storia Naturale di New York. Difficile per un fotografo non restare rapiti da questi finti scenari che ricostruiscono minuziosamente alcune sezioni tipiche di ecosistemi naturali. Egli non può fare a meno di provare a isolare con la fotocamera l’intenzionalità tutta umana di progettare una finzione della realtà nel minimo dettaglio. Una situazione assurda e paradossale se pensiamo che questa maniaca e indiscreta attenzione scientifica per la natura vada di pari passo con la sua stessa distruzione, sempre da parte della specie umana. Alla fine risulta una serie d’immagini che paiono davvero reali, quasi fossero frutto di un reportage naturalistico, più che di una visita al museo. Ciò che colpisce è scoprire come altri fotografi, più o meno importanti, abbiano vissuto la stessa ipnosi. Ad esempio, è formidabile svelare la somiglianza con il lavoro di Hiroshi Sugimoto che per vari decenni ha lavorato su quegli stessi diorami. A scavare meglio si scopre una moltitudine di progetti che prendono in esame realtà simili in varie parti del mondo e che riflettono probabilmente la stessa fascinazione autorale. C’è una sindrome che potremmo definire “diorama victim”. Questa ultima riflessione, ha portato Buzzichelli a conservare nel cassetto queste immagini per qualche anno. Che senso ha mostrare delle fotografie simili a quelle che già un autore importante ha realizzato? Tutto legittimo, finché qualche mese ha cominciato a pormi diversamente la questione. Come autore è giusto fotografare qualcosa che è già stato fatto? Devo necessariamente preoccuparmi che tale gesto possa rappresentare un omaggio a qualcuno? Io credo di no. Ciò che dovrebbe muovere un fotografo da sempre è la curiosità. Se vi è qualcosa che strega la nostra fantasia perché limitare la nostra immaginazione. Perché bloccarci davanti alla possibilità che qualcun altro possa aver vissuto un’esperienza intuitiva analoga. Quando un gesto è onesto, sano, e nasce da un’intenzione vera personale, allora non bisogna aver timore di condividerlo. Trovo allora interessante sviluppare invece che castrare quel denominatore comune che ha spinto autori diversi e in epoche diverse a dialogare. Certo l’insidia dell’imitazione esiste, non la nego, ma essa è un’operazione razionale e non più creativa. Alla buona creatività è meglio non porre confini.
Steve Bisson, curatore fotografico

Bio
Andrea Buzzichelli ha iniziato a fotografare negli anni ’90. Da quel momento ha lavorato su numerosi progetti fotografici. La sua è una ricerca personale e non pretende di raccontare nulla oltre a ciò che osserva. Molti dei suoi scatti sono individuali e non si prestano facilmente a rientrare in categorie tradizionali o raggruppamenti di portafoglio. Vede la fotografia come un potente antidepressivo e non può vivere senza di essa. Principalmente coinvolto nella fotografia d’autore, negli ultimi anni ha sviluppato un forte interesse per la fotografia professionale, specializzata in fotografia di moda e pubblicità. Le sue opere sono state esposte in Italia e all’estero, in città come Firenze, Milano, Londra, New York e San Pietroburgo. Recentemente ha esposto come membro del “collettivo sinapsi” (www.collettivosynapsee.it) che ha creato e prodotto una serie di mostre in mostra in tutta Italia.

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