Osservando(mi)

Giulia Cappelli

Il risultato delle analisi del sangue mostra una situazione drammatica. La vita mi sta scivolando via. Perdo la concezione dello spazio e del tempo. Entro in un vortice di ricoveri e terapie. Spaesamento. Solitudine. Isolamento. Lacrime nascoste. Perdo la lucidità dei pensieri. La malattia mi sta annientando lentamente. Osservo impotente quello che mi accade. Le voci dei medici si mescolano tra loro in modo indistinto. Mi manca l’aria.
 Mi lascio andare.
Un gesto d’amore immenso mi dona nuovamente speranza. Le terapie si susseguono mentre una macchina mi tiene in vita. Terrore. 
L’ultimo ricovero, il più lungo, quello dell’intervento.
 Rinascita. Adrenalina. Felicità.
 Ma ancora ansia e paura che tutto questo possa crollare nuovamente. Estrema debolezza fisica e mentale. Che cosa accadrà quando sarò fuori? Sento sempre più stretta e soffocante la stanza dell’ospedale nella quale sono rinchiusa ormai da settimane.
 Cerco la luce.
 Infine, Libertà! Ho iniziato a fotografare per istinto, per riuscire a osservare quello che con gli occhi non riuscivo a vedere. Per non nascondermi. Per capire quello che stava accadendo a un corpo che non sentivo più mio. Per rispondere all’instancabile domanda “Come stai?”. Per ritrovarmi.

Bio
Sono nata a Fiesole nel settembre del 1991 da madre fiorentina e padre romano. Ho passato l’infanzia e l’adolescenza a Roma per poi trasferirmi a Firenze per gli studi universitari in Disegno Industriale (facoltà di Architettura). Ho trascorso un anno a Milano per un master in Interior Design. Ho iniziato ad appassionarmi alla fotografia dai primi anni universitari grazie a due esami (‘Storia e Tecnica della fotografia’ e ‘Fotografia digitale e post-produzione’) presenti nel corso di studi. Sempre in questi anni ho partecipato a due mostre collettive dal tema “Light in Architecture”. La decisione di dedicarmi alla fotografia in modo più consapevole e consistente è recentissima. Ho appena terminato il corso di ‘Progettazione Fotografica’ con Deaphoto. Combatto dall’età di quindici anni con una malattia autoimmune, il Lupus Eritematoso Sistemico, che mi ha lentamente divorato nel corso degli anni. Da aprile 2018 la mia situazione di salute inizia a crollare inesorabilmente, a ottobre dello stesso anno entro in dialisi per sopravvivere e nel gennaio 2019 mi sottopongo a un intervento di trapianto di rene che mi ha fatto rinascere (la donatrice è mia mamma). La malattia ha avuto alti e bassi e mi ha costretto a varie interruzioni di percorso, togliendomi spensieratezza in un momento importante della vita e facendomi conoscere il dolore in maniera prepotente. Mi ha donato fin da subito maggiore consapevolezza del valore della vita e della fragilità della stessa e, di conseguenza, della necessità di tutelarla a tutti i costi.

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