Fotografia ed esperienza religiosa in Giovanni Chiaramonte

A cura di Davide Tatti

Il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo ha dedicato una conferenza a Giovanni Chiaramonte dopo la sua scomparsa1, per riassumerne l’intero percorso di fotografo e intellettuale dalle esperienze dei primi anni Settanta, con la collaborazione con Luigi Ghirri, fino all’ultima pubblicazione del 2022: un’attività articolata tra produzione fotografica, studi sulla fotografia europea e americana, collaborazioni con l’editoria, con le istituzioni museali, di istruzione e religiose. Hanno partecipato alla conferenza Arturo Carlo Quintavalle, Corrado Benigni, Michele Nastasi. Quintavalle è tra i primi critici interessati a Chiaramonte fin dagli anni Settanta. Corrado Benigni, ha redatto il saggio nell’ultimo volume di Chiaramonte Realismo infinito, che ricostruisce la sua produzione fotografica attraverso il tema del viaggio “storico” della cultura occidentale: dal nord al sud d’Italia, dal nord al sud in Europa fino a Israele, dal nord al sud in America. A loro si affianca il fotografo di architettura e di spazi urbani Michele Nastasi, che ha curato una mostra fotografica con Giovanni Chiaramonte presso il Museo del design aperta da ottobre del 20232; si tratta di una rassegna che ricostruisce la relazione strumentale e simbolica tra la fotografia e il design industriale, a partire dagli anni Cinquanta in tutte le sue varianti storiche e stilistiche.

Nel museo di Cinisello sono conservate oltre duecento fotografie di Chiaramonte prodotte dal 1980 in avanti, tra le quali compaiono quelle dei fondi Viaggio in Italia e Archivio dello spazio. Chiaramonte aveva anche dedicato un lavoro specifico a Cinisello Balsamo: nel 1988 era stato incaricato insieme a Gianni Berengo Gardin e Rossella Bigi di leggere il territorio delle città inglobate a grappolo in una più vasta area metropolitana.

Davide Rondoni poeta e scrittore, presidente del museo da giugno 2022, in apertura della conferenza rintraccia in Chiaramonte un nodo considerato centrale: la capacità di visione che si lega alla capacità di fede religiosa. Interviene così Rondoni: «uno dei motivi per cui sono diventato presidente del museo è proprio per l’amicizia, per il rapporto che avevo con Giovanni Chiaramonte. Aver a che fare con lui voleva dire rapportarsi con un intellettuale, uno scrittore, per il quale la fotografia non viveva in una sorta di isolamento, ma in continua relazione non solo con le altre arti ma con il pensiero. Il primo pensiero che mi è nato oggi è “perché non c’è Giovanni”: mi sembra strano che manchi proprio lui. Siccome anche lui come me credeva nella resurrezione, l’omaggio non è un triste diario, perché il suo “lavorare con la luce” aveva a che fare con questo “credere nella luce”, in una prospettiva di luce nella vita e anche nelle morte.»

La fede cristiana appare in Chiaramonte come un elemento fondativo, che informa la sua riflessione teorica, ma resta di sfondo concettuale quando si trasmette alla produzione fotografica, che non attinge direttamente all’iconografia e alla narrazione sacra e religiosa. Fra l’insieme della sua produzione cerchiamo di individuare quelle parti più connesse ai temi religiosi3.  Chiaramonte viene profondamente influenzato dai teologi del Novecento come Pavel Evdokimov e Olivier Clément fin dall’inizio degli anni Settanta: alcuni progetti riflettono maggiormente questa concezione, come Discorso di Natale, La Creazione e Verso il Celeste realizzati tra il 1974 e il 1978. Nei primi anni Ottanta, con un pensiero che si muove tra il materiale e lo spirituale, identifica il percorso verso la redenzione dell’animo attraverso l’esperienza conoscitiva del viaggio e la rappresentazione dei luoghi. Questa visione gli permette di far confluire in Terre del ritorno una serie di progetti, realizzati anche su commissione negli anni Ottanta, durante i viaggi a Berlino, Roma, Gela, Atene, Istanbul e Gerusalemme, dove si interroga su quale sia il destino della cultura cristiana occidentale. Il concetto di infinito proveniente dal divino e la finitezza dell’operare umano arriva a maturazione negli Stati Uniti col progetto fotografico Westwards nel 1992. Nello stesso periodo realizza la rappresentazione del tempio in multivisione, per Architettura e Spazio Sacro nella Modernità alla Biennale di Venezia: Chiaramonte dimostra che il tema religioso non passa necessariamente dalla raffigurazione narrativa di temi biblici, ma dall’identificare nei luoghi i segni del divino. Nel 2011 viene scelto, con altri artisti contemporanei, come autore dell’apparato visivo del Nuovo Evangeliario Ambrosiano. Al di fuori degli incarichi istituzionali durante l’anno successivo si dedica alla fotografia in formato istantaneo per sviluppare un tema spirituale e poetico con Inscape, Piccola creazione – modalità che Chiaramonte riprende e pubblica nel 2018 con Salvare l’ora, dove le immagini sono precedute da frammenti testuali. Il tema della città sacra viene sviluppato in Jerusalem: Figure della Promessa nel 2014. Seguono due commissioni istituzionali: per la ventunesima Triennale di Milano realizza vari interventi in chiese cattoliche di architettura contemporanea nel 2016; infine le fotografie già edite di Gerusalemme diventano un parallelo alla Via Crucis nel Santuario di Guenzate nel 2019.

Il concetto di Realismo Infinito, titolo dato all’ultima pubblicazione del 2022, era già presente negli scritti di Chiaramonte da un ventennio; da un punto di vista formale prevede che la dimensione della profondità sia illimitata e prioritaria rispetto a quella bidimensionale in senso orizzontale e verticale. Tale profondità si ricollega al bisogno di riconoscere un’ampiezza storica presente nell’immagine. Scrive Chiaramonte: «Posso chiamare col nome di realismo infinto il percorso della mia fotografia […] Il mondo dell’uomo nelle mie immagini si rivela come un piano senza fine immerso in una sorta di luminosa lontananza sospesa nel tempo. L’evidenza degli elementi in primo piano cerca di non invadere e non chiudere mai l’enigmatica ampiezza del campo visivo».4

Corrado Benigni ritorna sull’importanza e il significato di queste due estremità: «Realismo e infinito. Ecco i due poli entro i quali ha orbitato l’intera vicenda artistica e umana di Giovanni Chiaramonte (…). Da un lato il reale, quel teatro quotidiano dell’abitare così pieno di contraddizioni, misura dell’esperienza umana e terrena; dall’altro l’infinito, come orizzonte metafisico e insieme pratica immaginativa, lavoro interpretativo».5 Inoltre, Benigni nota come nella poetica di Chiaramonte sia prioritario leggere la dimensione del tempo sia nella lettura di un testo e delle immagini, sia nell’interpretazione dei paesaggi e dei luoghi attraverso il dispositivo fotografico: «il mondo così come lo conosciamo è costruito dalle immagini che di esso abbiamo accumulato nel tempo. Per l’autore, natura e percezione umana sono inscindibili (…) La sua fotografia-scrittura è un’archeologia del paesaggio; l’autore scende nei vari strati della realtà, per leggere anche i segni nascosti sotto altri segni».6

La fede religiosa è stata per Chiaramonte da una parte il fondamento della sua visione, ma dall’esterno un fattore che si è trasformato in oggetto di pregiudizio, da parte di un ambiente laico e ostile a chi manifesta direttamente tale fede. Come ha osservato Arturo Carlo Quintavalle, Chiaramonte: «ha vissuto sulla sua pelle alcuni aspetti di questa esclusione, (…) ha letto lo spazio del fotografare non come critica alla società del consumo ma come punto di partenza per la scoperta del divino nel mondo».7

L’esperienza di Chiaramonte rimanda direttamente al rapporto difficile, spesso di esclusione reciproca, tra arte contemporanea e religione, come suggerisce Andrea Dall’Asta, gesuita e direttore della Galleria San Fedele, «un grande limite dell’arte contemporanea è quello di guardare all’uomo, senza riconoscere la possibilità di una redenzione, di un riscatto, per cui l’orizzonte della vita rischia di stagliarsi su un fondo di non senso, di nulla, di indifferenza».8 D’altra parte «la cultura credente non appare sempre all’altezza della media della cultura civile. Non solo. Talvolta, gli atteggiamenti verso la cultura laica sono di sufficienza»9. Un tentativo per colmare questa diffidenza reciproca è stato realizzato con il Nuovo Evangeliario Ambrosiano nel 2011, strumento liturgico corredato da interventi commissionati ad artisti contemporanei, tra i quali compare Giovanni Chiaramonte10, a cui sono state assegnate le tavole con i Misteri che strutturano l’Evangeliario. «La domanda rivolta all’artista richiedeva che la sua immagine potesse restituire l’esperienza di fede inscritta nel testo consegnato. Un lavoro di traduzione, dunque, perché possa parlare all’uomo di oggi, interpretarne le sfide e le contraddizioni. (…) É stato esplicitamente chiesto all’artista di esprimersi con le proprie forme, con quei linguaggi con i quali comunica con il mondo e si fa comprendere e amare».11 Per l’Evangeliario Chiaramonte ha destinato alcune fotografie istantanee realizzate nel 2011 a carattere insolitamente soggettivo e personale. Questa pratica è proseguita e nel 2018, Chiaramonte ha pubblicato un’ampia serie di queste immagini in Salvare l’ora.12 Un gruppo omogeneo di brevi testi precedono le fotografie, qui il tema portante appare come la prossimità percepibile tra il mondo fisico e l’infinitezza del divino: «Palpita in noi / L’età dell’universo / Dentro il respiro»; «Lo sguardo chiama / L’infinito ci ascolta / Si fa trovare».

 

Da una parte l’artista, che esprime un punto di vista religioso, si espone alla marginalizzazione del suo lavoro; infatti, come ha sostenuto Alessandro Beltrami «la religiosità espressa con sincerità crea imbarazzo: nel sistema dell’arte contemporanea la religione funziona solo se è un gioco linguistico o un bersaglio».14 Dall’altra parte, fa notare Beltrami, varie eccezioni si sono presentate con artisti affermati che hanno manifestato la loro religiosità come Mimmo Paladino, Maria Lai, Andrea Mastrovito. L’ambito delle arti performative si è mostrato più sensibile ai temi religiosi e del sacro: «vale la pena sottolineare come le dimensioni del sacro abbiano svolto un ruolo importante nella storia delle performance. È centrale, ad esempio, in Gina Pane», sempre secondo una lettura di Beltrami.15

Da un punto di vista generale, mentre prende avvio l’epoca contemporanea, si consolida una frattura tra arte e religione; secondo lo storico dell’arte americano James Elkins «il senso e il significato dell’arte derivano dalle teorie sul Modernismo, che escludono rigorosamente il significato religioso. (…) L’esclusione di cui stiamo parlando è l’effetto di un discorso, non l’applicazione di una teoria vincolante. E così, a parte poche eccezioni, nessuno si assume la responsabilità di questa esclusione». 16 L’iconografia religiosa, malgrado sia stata riadoperata da artisti contemporanei in progetti di particolare importanza, «tuttavia, piuttosto che affermare una visione del sacro, questi lavori con soggetto religioso sono il pretesto per fare critica sociale». Perciò delle forme dell’arte religiosa «c’è spesso dunque un loro uso strumentale», come ha osservato Demetrio Paparoni.17

In ambito architettonico invece il rapporto con la religione e con le necessità liturgiche, emerse a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, ha prodotto un confronto positivo e una nuova prassi di costruzione degli edifici di culto, che trova un presupposto teorico nel concetto di “vuoto sacro”, espresso dal teologo protestante Paul Tillich «nelle conferenze sull’architettura sacra alla fine della sua vita negli anni ’50 e ’60». Il concetto ribadito è quello di «un vuoto non per eliminazione ma per presenza e pienezza», come ha scritto Bert Daelemans.18

Possiamo infine ritenere che la fotografia di Giovanni Chiaramonte, anche attraverso la lunga collaborazione con la rivista Lotus, inserendosi nel clima di proficuo rapporto tra l’architettura e le istituzioni religiose cristiane del secondo Novecento, abbia saputo leggere gli spazi e i luoghi con rigore formale, ma ambientandoli in una prospettiva che rimanda al religioso e al sacro.

Note

1   Omaggio a Giovanni Chiaramonte, MUFOCO, Cinisello Balsamo, 16 dicembre 2023

2   Fotografia alla carriera, omaggio della fotografia italiana ai maestri del Compasso d’Oro, a cura di Giovanni Chiaramonte e Michele Nastasi, ADI Museo del design, Milano, da ottobre 2023

3   Per una cronologia completa dell’attività di Chiaramonte si veda quella contenuta nel sito web dell’autore.

4   Giovanni Chiaramonte, Dolce è la luce. Edizioni della Meridiana, Firenze 2003

5   Corrado Benigni, Giovanni Chiaramonte tra realismo e infinito. In: Doppiozero 19 ottobre 2023

6   Corrado Benigni, Giovanni Chiaramonte, realismo infinito. In: Antinomie, 5 luglio 2022. Il saggio è contenuto nel volume: Giovanni Chiaramonte, Realismo infinito. Electa, Milano, 2022. Di Benigni viene pubblicato il 29 marzo 2024 il saggio Viaggiatori ai margini del paesaggio: Ghirri, Barbieri, Basilico, Chiaramonte, Cresci, Guidi, Jodice, per le edizioni di La nave di Teseo.

7   Arturo Carlo Quintavalle, Ritorno a Jerusalem. In: Giovanni Chiaramonte, Verso Gerusalemme, Edizioni Postcart, Roma, 2019 pag. 23

8   Andrea Dall’Asta SJ, Eclissi. Oltre il divorzio tra arte e Chiesa. Edizioni San Paolo, 2016. pag. 37

9   Ibidem pag. 51

10   Si veda a proposito il catalogo: Il nuovo Evangeliario Ambrosiano e capolavori antichi, La bellezza della parola. A cura di Umberto Bordoni e Norberto Valli. Silvana Editoriale, Milano, 2011. A Giovanni Chiaramonte è dedicato un testo di Domenico Giuseppe Sguaitamatti e la raccolta delle immagini (pag. 110-123)

11   Andrea Dall’Asta SJ, Eclissi. Oltre il divorzio tra arte e Chiesa. Edizioni San Paolo, 2016. pag. 129

12   Giovanni Chiaramonte, Salvare l’ora, con un testo di Umberto Fiori. Edizioni Postcart, Roma, 2018

13   Ibidem pag. 7-11

14   Alessandro Beltrami, Dibattito. Religione e arte contemporanea sono davvero compatibili? In: Avvenire. giovedì 17 marzo 2022

15   Alessandro Beltrami, Sacro cristiano: quattro equivoci per una critica informata. In: Arti e Teologie, numero 1, marzo 2021

16   James Elkins lo strano posto della religione nell’arte contemporanea. A cura di Luca Bertolo. Johan & Levi, 2021, Milano. Pag. 17-18. Edizione originale: Taylor & Francis Books, Londra, 2004.

17   Demetrio Paparoni, Arte contemporanea e iconografia religiosa. XXI Secolo. Treccani. 2010 

18   Bert Daelemans, Lo Spirito del luogo: spazi mistagogici in Europa. In: Quale arte sacra oggi?  A cura di Sergio Agnisola, Andrea Dall’Asta. Ancora editrice, Milano, 2023.

 26 marzo 2024

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