ENRICO PRADA

Sources of Vision

a cura di Diego Cicionesi

Quale romanzo, opera letteraria, cinematografica o musicale hanno inciso profondamente sulla tua identità, pensiero e visione del mondo?

 

Nella genealogia delle mie visioni e del mio pensiero, uno dei capostipiti fondamentali è Bruce Chatwin, con Le Vie dei Canti (Milano, Adelphi, 1988). Verso di lui sono debitore, soprattutto, di un preciso atteggiamento: l’impegno quotidiano a guardare oltre le apparenze delle cose. La sua influenza, nel tempo, si è depositata nella mia pratica fotografica, nella stampa, nella scrittura.

 

Quale specifico passaggio, testo o brano musicale ti hanno cambiato e espirato?

 

«Fu in quel periodo che Arkady sentì parlare del dedalo di sentieri invisibili che coprono tutta l’Australia, e che gli europei chiamano “Vie dei Canti”, e gli aborigeni “Orme degli Antenati” (…). I miti aborigeni sulla creazione narrano di leggendarie creature totemiche (…) che avevano percorso in lungo e in largo il continente cantando il nome di ogni cosa in cui si imbattevano – uccelli, animali, piante, rocce, pozzi – e col loro canto avevano fatto esistere il mondo. (…) [Gli aborigeni] in ogni punto delle loro piste lasciarono una scia di musica. Avvolsero il mondo intero in una rete di canto.»

 

In che modo hanno inciso, da lì in poi, nel tuo lavoro fotografico?

 

Grazie a Chatwin ho iniziato a guardare il mondo come un aborigeno, trasformando il mio sguardo in un canto visivo. Ogni mia fotografia, oltre a una partenza verso l’ignoto, è diventata canto che celebra frammenti di mondo: li rende visibili (cioè: dà loro un volto, una luce, una forma) e li fa esistere. Li salva. Così, nel tempo, ho lasciato dietro di me una scia di immagini, di pezzetti di mondo salvati dall’indifferenza o dall’oblio, e riportati alla luce. Un’archeologia poetica. E ora, questi reperti, queste immagini-canto, li organizzo in percorsi e mappe (Le Mappe dell’Immaginario) quali bussole per orientarsi in quel mondo nascosto (o dimenticato) sotto la superficie delle cose e della vita.

 

ENRICO PRADA            

Alterna l’attività di fotografo a quella di blogger (La Valigia di Van Gogh), di critico e di docente (conferenze e laboratori sullo sguardo; fotografia consapevole; fotografia poetica; fotografia e scrittura). Ha curato mostre; diretto una galleria fotografica; collaborato con Shobha Battaglia e con Mother India School. Vive la fotografia come meditazione e pratica della meraviglia.

 

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